sabato 20 aprile 2013

Piccole soddisfazioni...


Da un progetto targato Contrariamente- R.U.M.( Rete Universitaria Mediterranea),Rita Atria  –Fra sete di vendetta e ricerca di giustizia-
associazione universitaria studentesca Unipa, ecco il mio pezzo inserito nell'opusculo presentato in occasione del seminario:

La figlia della mafia e il padre della giustizia

Dei protagonisti della mafia siamo abituati ad ascoltare le loro agghiaccianti storie fatte di omicidi, traffici di armi, traffici di droga, faide, attentati. Non conosciamo però le storie di tutte quelle donne che hanno vissuto o continuano a vivere con i personaggi della criminalità organizzata. Loro rimangono in disparte, fanno da sfondo alle vite dei loro mariti, padri, fratelli. Loro sanno, conoscono tutti i passi dei loro uomini, le alleanze, i mandanti e gli assassini; loro sanno ma non parlano, sono le classiche donne omertose, a loro conviene stare in silenzio, ubbidire e difendere a spada tratta i propri uomini.
La storia di Rita Atria però non è la storia di queste donne, è la storia di una figlia che non è mai stata in silenzio, è la storia di un’adolescente che per anni ha ascoltato, osservato, conosciuto gli uomini dei clan; li ha frequentati, li ha amati.
 È la storia di una ragazzina che non si è limitata ad osservare, che per anni è stata la talpa in quello strano mondo di potere mafioso, senza neppure accorgersene.
Sarà solo in seguito alla morte del padre e poi del fratello,che inizierà spinta dal desiderio di vendetta, a maturare l’idea di mettere assieme tutti quei pezzetti di quotidianità giusta e doverosa  alla quale lei era stata educata, al fine di incastrare gli assassini dei suoi cari. Non si tratta di un’ opera difficile per Rita, dal momento che, come tante altre ragazzine della sua età, era sua abitudine documentare le giornate in un diario segreto, lo stesso diario che porrà all’attenzione del giudice Borsellino.
Una ragazzina che all’età di 17 anni realizza che i segreti che sta mantenendo non sono solo confidenze ricevute dal fratello Nicola, non sono nemmeno strani episodi vissuti così per caso, o incontri fortuiti, visite di “rispetto” e cortesia alla quale lei in quanto figlioletta dell’uomo d’onore, ha imparato a partecipare silenziosa.
In tutti quegli anni Rita aveva imparato ad ascoltare, e ascoltando pian piano comprendeva quel mondo, certo ritenuto il mondo giusto, poiché l’unico conosciuto. Ma quello stesso mondo l’aveva privata del padre e del fratello, delle due figure maschili ovviamente più importanti della sua vita.
Costretta a rimanere sotto lo stesso tetto di una madre poco comprensiva dei bisogni della figlia, a vivere in un clima tanto teso, dal momento che, le due donne, avevano sempre vissuto nell’incomprensione, istaurando un rapporto conflittuale e freddo, decide si scappare. Questa madre accetta silenziosamente un destino così crudele, e non parla, non urla, non lamenta paura per quel mondo in cui entrambe sono state costrette a vivere. Ma Rita no, Rita vuole urlare, parlare, sfogarsi, vuole verità, giustizia, riscatto, vuole riprendersi in mano la propria vita, recuperare un’adolescenza segnata dal dolore e dalla frustrazione.
È così che la figlia della mafia, si affida al giudice Borsellino, per ricostruire assieme quelle pagine di diario, quei pezzetti di un puzzle tanto grande da poter ricostruire da sola. Il giudice Borsellino saprà aiutarla nella comprensione dell’importanza del cambiamento, Rita si renderà conto quanto significativo sarà il suo contributo nel raggiungerlo.
Rita riconosce in quell’uomo di giustizia un carisma e una passione unica per il proprio lavoro, ma riconosce senz’altro un desiderio di verità tanto simile quanto diverso, per cause e prospettive, dal suo.
 Il tratto più importante di questa singolare collaborazione è segnato senza alcun dubbio dal rapporto che verrà costruito, basato sulla fiducia più sincera e profonda.
Quel mondo giusto alla quale era stata educata ad un tratto diventa il mondo da condannare e da scuotere, i suoi uomini d’onore quelli che l’hanno cresciuta ed amata sono gli uomini che ne facevano parte.
Traumatico sarà stato per un ragazzina uscire da quel guscio, combattuta se ammettere o meno a se stessa la pericolosità di quel mondo e gli errori dei propri cari. L’unica figura di cui poteva fidarsi adesso era il giudice, si affeziona a lui come ci si affeziona ad un padre, ad uno zio o ad un fratello.
Il giudice Borsellino si mostra protettivo e fedele, la sua sincerità nei confronti di Rita sarà l'elemento fondamentale dell'intimo mutamento della ragazza, la quale riuscirà ad aprirsi ad una persona ritenuta dal mondo a cui lei era stata educata, estranea, nemica.
Quel nemico è adesso il suo amico, il suo confidente più sincero;  mai prima d'ora la ragazza si era sentita così protetta.
In questa nuova vita, fatta di nascondigli e coperture, Rita trova la propria strada. È come se grazie al momentaneo abbandono del vero nome, legato a quel mondo da combattere, con l’aiuto della nuova identità anagrafica assunta per protezione, essa sia stata invogliata nel mutamento, ritrovando la vera se stessa.
Una volta sconfitta la mafia dentro di sé, la collaborazione con il giudice Borsellino per scoprire e combattere le crudeli verità dello Stato mafioso, diviene decisamente più semplice. La sua testimonianza infatti apre capitoli sconosciuti sulla corruzione e la complicità tra mafia e politica. Vengono arrestati i mafiosi della zona di Partanna, sua città natale. Il suo sindaco diviene protagonista di un’altra indagine.
Siamo senza dubbio di fronte a due eroi, essi combattono assieme, uniti da una forza comune. Lottando incontrando ostacoli insormontabili, ed uno di questi purtroppo sarà la morte.
Il 19 luglio 1992 il giudice Borsellino verrà ucciso.
Ed è così che Rita perderà il confidente più caro, Rita non troverà più motivo per vivere, non avrà più nulla da perdere, nessuno avrebbe potuto sostenerla e comprenderla.
Il 26 luglio dello stesso anno Rita troverà rifugio nella morte.
Sceglie la strada del suicidio per completare un percorso così intenso e tortuoso, che ha affrontato con il suo caro giudice, e che pertanto alla morte di lui, non avrà un proseguo, ogni speranza sembrerà svanita. La loro battaglia è conclusa.
Essa stessa nelle ultime pagine del suo diario affermerà : “Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”.
Rita non c’è più, ma la sua lotta è sempre viva. Ogni qual volta ci muoviamo per la lotta alla mafia, Rita è con noi. Ogni volta che verrà ricordata Rita sarà viva.